Valeria Ando' "La physis ama nascondersi"

la lettura arendtiana di Eraclito

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. mania_erutra
     
    .

    User deleted


    ==============================
    VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
    ==============================
    Supplemento settimanale del martedi' de "La nonviolenza e' in cammino"
    Numero 12 del 7 marzo 2006

    In questo numero:
    1. Valeria Ando': "La physis ama nascondersi": la lettura arendtiana di
    Eraclito
    2. Et coetera

    1. VALERIA ANDO': "LA PHYSIS AMA NASCONDERSI": LA LETTURA ARENDTIANA DI
    ERACLITO
    [Dal sito dell'Universita' di Palermo (www.unipa.it) riprendiamo il seguente
    saggio di Valeria Ando' sull'interpretazione di Hannah Arendt di alcuni
    testi eraclitei. Segnaliamo che nell'originale i termini greci e le
    citazioni di frammenti erano ovviamente dati nell'alfabeto loro proprio, per
    esigenze grafiche abbiamo traslitterato in caratteri latini le citazioni
    greche nel testo, mentre nelle note abbiamo omesso - ma segnalando i tagli
    con il simbolo (...) - le citazioni che fungevano da riscontro alle
    traduzioni e interpretazioni nel testo date]

    Nella ricca produzione filosofica e storico-politica di Hannah Arendt (1),
    un posto privilegiato occupa, tra i presocratici, Eraclito, quasi che, nel
    momento in cui tesse le trame del proprio pensiero, la pensatrice abbia
    trovato, nel fascino delle parole dell'"oscuro", una consonanza misteriosa,
    in grado di portare ad espressione i nuclei attorno ai quali si andava
    costituendo la sua riflessione. Da qui il frequente richiamo ai frammenti
    del filosofo di Efeso, riletti e reinterpretati alla luce delle linee
    portanti del proprio percorso intellettuale, come cerchero' di rilevare
    nelle brevi osservazioni che seguono.
    Nelle lucide e dense pagine che ne La vita della mente (2), la sua ultima
    opera di argomento squisitamente speculativo, Hannah Arendt dedica alla
    nascita del pensiero filosofico, Eraclito riveste un ruolo di primo piano.
    *
    Nella ricostruzione arendtiana la cultura greca, fin dalla sua fase piu'
    arcaica, quale si manifesta nei poemi omerici, appare contrassegnata da una
    forte ed ineliminabile opposizione tra il mondo degli uomini, dominato dal
    divenire incessante e dalla morte, e gli dei incorruttibili ed immortali. Il
    canto del poeta, che celebra le gesta degli Achei e dei Troiani, ha la
    funzione di athanatizein, immortalare, e consegnare quindi all'eternita' la
    fama degli eroi, sottraendoli all'inesorabile destino di morte. Proprio la
    consapevolezza che gli uomini sono esseri mortali e che la condizione umana
    e' segnata dalla mortalita' condusse i primi filosofi nella ricerca
    dell'Essere che potesse superare l'effimero mondo del divenire. Il mondo,
    fatto di enti molteplici, corruttibili e transeunti, deve comunque rinviare
    ad un ordine nascosto, di fronte al quale sorge lo stupore ammirato del
    filosofo, quel thaumazein che Platone dira' essere il pathos che e' "arche'
    philosophias" (3). Come dice Hannah Arendt "la filosofia incomincia con
    l'avvertimento di questo ordine armonioso invisibile al kosmos, manifesto
    negli esseri visibili familiari come se essi fossero divenuti trasparenti"
    (4). Ed e' qui che il richiamo ad Eraclito si fa esplicito. Del filosofo di
    Efeso cita il famoso frammento 54 DK: "armonie aphanes phaneres kreitton",
    che traduce "l'armonia invisibile vale piu' del visibile". E subito dopo
    l'altrettanto famoso quanto enigmatico fr. 123 DK: "physis kryptesthai
    philei". Sulla lettura arendtiana di questo frammento, in relazione alle
    interpretazioni finora fornite, vale la pena soffermarsi, perche' da essa mi
    pare possa ricavarsi una prova della consonanza, di cui parlavo all'inizio,
    tra il filosofo di Efeso e i temi fondamentali lungo i quali si snoda la
    riflessione della pensatrice. In particolare, l'interpretazione del termine
    physis consente, come vedremo, di stabilire una connessione con la nozione
    di natalita', centrale, come e' noto, nel suo pensiero.
    Le difficolta' interpretative del frammento hanno riguardato soprattutto
    proprio il valore da dare al termine physis, dal momento che certamente
    inadeguata e' la traduzione con l'italiano "natura" (5), o i corrispondenti
    nelle altre lingue europee. G. S. Kirk, nella sua importante edizione,
    ritenendo erronee le precedenti rese (6), intende il termine come "the real
    constitution of a thing, or of things severally", alla luce dell'esame delle
    altre attestazioni del termine presenti nei frammenti eraclitei (7), nonche'
    delle occorrenze in Empedocle (8), Parmenide (9) ed Epicarmo (10); traduce
    pertanto l'intero frammento "The real constitution of things is accustomed
    to hide itself" (11). L'interpretazione di Kirk viene di fatto accolta anche
    da Marcovich, che infatti traduce "La reale costituzione di ciascuna cosa ha
    l'abitudine di nascondersi" (12). Lo studioso precisa nel commento che
    physis e' uno dei possibili modi, assieme ad armonie e syllapsis, per
    esprimere quel logos che, per quanto accessibile alla conoscenza, non si
    trova sulla superficie delle cose ma si nasconde in ogni cosa particolare.
    Analogamente Serra e Diano, che accettano la complessiva interpretazione di
    Kirk, pur se traducono "La natura ama nascondersi", specificano che, se
    certamente Eraclito non tematizza la natura, tuttavia, poiche' per lui
    physis e' l'invisibile connessione che si coglie col logos, allora si tratta
    dell'essere di tutte le cose che si rivela all'indagine del filosofo (13).
    Coerenti con questa interpretazione, mi pare, molte delle traduzioni del
    frammento, da "L'intima natura delle cose ama nascondersi", di Pasquinelli
    (14), a "La natura delle cose ama celarsi" di Giannantoni (15), a "Nature
    loves to hide" di Kahn, che nel commento spiega che physis e' "the
    characteristic nature of things" (16).
    Piu' recentemente Conche, uno degli ultimi editori eraclitei, che traduce
    "La nature aime a' se cacher" (17), precisa che la parola physis, con il
    verbo phyo, implica "une notion dynamique, celle d'une force productrice,
    generatrice"; sicche' "la notion de physis, ici, met l'accent non sur
    l'essence devenue de la chose, mais sur le devenir, sur le processus
    essentialisant. La physis est la puissance qui s'accomplit et s'epanouit en
    chaque etre, chaque fois d'une facon definie"; l'operazione con la quale la
    natura realizza i diversi enti e' l'associazione dei contrari, che viene
    compiuta, con pudore, lontano dagli sguardi; conclude pertanto che "La
    nature d'Heraclite est une nature artiste. Comme l'artiste, elle montre sa
    production, mais la loi de la production, c'est-a'-dire la nature meme en
    tant que naturante, reste cachee". Dunque la physis eraclitea, secondo
    Conche, non e' l'essenza, o il reale fondamento, ma un processo
    essenzializzante, la cui dinamica resta nascosta, e che si manifesta solo
    negli effetti.
    Una diversa linea interpretativa e' rappresentata da Colli, che nella sua
    edizione incompiuta di Eraclito traduce il frammento con "Nascimento ama
    nascondersi" (18); nel commento, che riprende quanto l'autore scriveva nel
    volume che da questo frammento trae il titolo (19), e' chiarito che physis
    e' la natura trascendente, il "dio" che nonostante abbia attraversato le
    apparenze e si sia individualizzato nel phronein, in quanto noumeno si
    mantiene solitario e inaccessibile (20). Molto recentemente Tonelli ha ancor
    piu' esplicitato le implicazioni della complessiva lettura eraclitea del suo
    maestro Colli, mostrando le connessioni con la tradizione misteriosofica
    greca e le forti analogie con le religioni orientali, in particolare vedica,
    yogica, taoista, zoroastriana. Sicche' physis e' l'Origine: "cio' che
    origina si cela, come mistero, dietro l'apparenza delle cose che origina,
    pur manifestandosi anche attraverso di esse. Ogni manifestazione del
    principio e' anche suo nascondimento: tale l'ambiguita' del cosmo in cui
    viviamo, e di tale ambiguita' il sapiente reca consapevolezza. La conoscenza
    diventa flusso dinamico, tensione al congiungimento con 'cio' che origina'"
    (21).
    *
    Ho riportato estesamente l'interpretazione di Colli-Tonelli per poter meglio
    stabilire un confronto con la lettura che Hannah Arendt fa del frammento, in
    base alla quale alla nozione di nascita e' possibile pure richiamarsi, pur
    se in un senso del tutto diverso dal "Nascimento" o dalla "Origine" dei due
    studiosi italiani. Dice infatti: "Un'altra delle parole antiche che
    designano l'invisibile in seno alle apparenze e' physis, natura, che,
    secondo i Greci era la totalita' delle cose non fatte dall'uomo ne' create
    da un fattore divino, ma venute all'essere da se' medesime: ed Eraclito
    affermava di questa physis che 'essa ama nascondersi', celarsi cioe' dietro
    le apparenze" (22).
    L'interpretazione arendtiana non smentisce, mi pare, con quel "venire
    all'essere", non solo la connessione etimologica di physis con phyo,
    phyomai, cioe' "faire pousser, faire naitre, produire", e al medio-passivo
    "croitre, pousser, naitre" (23), ne' soprattutto il carattere di processo
    implicito nel suffisso -sis, che indica, secondo Benveniste, "la notion
    abstraite du proces concu comme realisation objective" (24). In particolare
    a proposito di physis Benveniste afferma che si tratta della "constitution
    (accomplie), nature effective", "accomplissement (effectue') d'un devenir",
    e dunque "nature en tant qu'elle est realisee, avec toutes ses proprietes"
    (25).
    Dunque questo "venire all'essere" delle cose, nascosto nelle apparenze,
    desta lo stupore ammirato, dal quale puo' pero' originarsi il dialogo del
    pensiero, quel logos il cui significato, secondo Hannah Arendt, viene
    evocato dall'immagine del dio di Delfi, "e, possiamo aggiungere noi, il dio
    dei poeti, che 'non dice ne' nasconde, ma indica' (26), vale a dire, accenna
    a qualcosa ambiguamente, per essere inteso solo da coloro che sanno
    comprendere i semplici cenni". E del resto "Occhi ed orecchie sono cattivi
    testimoni per gli uomini che hanno anime barbare" (27), cioe', come spiega
    la pensatrice, "se essi non posseggono logos - per i Greci non semplicemente
    il discorso, ma il dono dell'argomentazione razionale che li distingueva dai
    barbari. Insomma, lo stupore ha condotto a pensare in parole;
    dell'esperienza dello stupore dinanzi all'invisibile manifesto nelle
    apparenze si e' appropriata la parola, che e' nello stesso tempo abbastanza
    forte per fugare gli errori e le illusioni cui sono soggetti i nostri organi
    volti al visibile, occhi ed orecchie, a meno che il pensiero non venga loro
    in soccorso". E continua: "Da cio' dovrebbe risultare palese come lo stupore
    in cui cade il filosofo non possa mai concernere qualcosa di particolare, ma
    sia sempre suscitato da una totalita' che diversamente dalla somma totale
    degli enti, non e' mai manifesta". Il riferimento e' certamente a quella
    physis del fr. 123 DK prima citato, cioe' il processo attraverso il quale
    tutte le cose vengono ad essere. E ancora: "L'armonia di Eraclito si produce
    attraverso il con-sonare dei contrari - un effetto che non puo' essere
    proprieta' di un singolo suono particolare. Tale armonia e' in un certo
    senso separata (kechorismenon) dai suoni che la producono, proprio come il
    sophon, che 'puo' e non puo' essere chiamato col nome di Zeus' (28), e'
    'separato da tutte le altre cose'" (29).
    *
    Il richiamo agli ultimi due frammenti consente pertanto alla pensatrice di
    portare ulteriori elementi all'assunto di fondo, cioe' che a guidare la
    ricerca dei primi filosofi sia stata la necessita' di superare l'angoscia di
    morte, individuando nell'effimero mondo degli enti qualcosa che potesse
    essere ricondotta all'esperienza del divino, anche se certamente non
    nominabile col nome di nessuna delle divinita' tradizionali. Ancora
    piu'esplicito in questo senso il fr. 30 DK, citato a questo riguardo:
    "l'Essere, che non conosce nascita ne' morte, si sostitui' per i filosofi
    alla semplice nonmortalita' degli dei olimpici; l'Essere divento' la vera
    divinita' della filosofia poiche', secondo il celebre detto di Eraclito,
    'non lo fece alcuno tra gli dei o tra gli uomini, ma sempre era e sara':
    fuoco sempre vivente, che si accende e si spegne secondo giusta misura'"
    (30); e poco dopo riconosce che nel frammento citato questa nuova,
    sempiterna divinita' si chiama ancora kosmos, "(non il mondo o l'universo,
    ma il loro ordine e la loro armonia)". Nel saggio Il concetto di storia
    scritto molti anni prima, proprio questo frammento eracliteo viene ricordato
    come esempio mirabile che esprime l'idea che i Greci avevano dell'ordine
    cosmico e della natura, in quanto insieme di cose che nascono da se',
    appunto senza alcun intervento umano o divino (31): in tal modo il kosmos
    del fr. 30 viene a coincidere con la physis del fr. 123. A questa natura
    armoniosa, increata ed immortale, eternamente presente nelle tre dimensioni
    del tempo, si oppone ancora una volta la vita umana, limitata nel suo corso
    rettilineo tra la nascita e la morte, schiacciata quasi dal moto circolare
    dei processi biologici sempre rinnovantesi, perche' "questo e' l'essere
    mortale: muoversi in linea retta in un universo dove tutto cio' che si muove
    segue, semmai, un moto ciclico" (32).
    Proprio questa labilita' dell'esistenza umana ha determinato nel mondo greco
    la concezione dell'ufficio proprio della storia, cioe' salvare "ta ghenomena
    ex anthropon" dall'oblio, come chiaramente indica gia' il proemio delle
    Storie di Erodoto.
    *
    Ecco dunque che comincia a rendersi piu' manifesto l'uso che Hannah Arendt
    fa dei frammenti di Eraclito, e in particolare l'interpretazione del termine
    physis. Mi sembra cioe' che intendere physis come "il venire all'essere"
    della totalita' delle cose sia un modo per porre al centro, ancora una
    volta, la nozione di natalita', fondamentale nella sua riflessione: si
    avrebbe cioe' una sorta di doppia nascita, quella degli uomini mortali,
    inizio della loro vita, atto fondatore della loro storia, che interseca nel
    suo moto rettilineo la "nascita", il venire all'essere delle cose del mondo,
    non create da un dio ma, come gli dei, sempre ciclicamente rinnovantesi e
    percio' stesso eterne.
    Questa duplicita' di piani tra due diverse modalita' di nascere e di venire
    all'essere, degli uomini e del mondo, costituisce il motivo di fondo di
    tutta la riflessione di Hannah Arendt. Se tutta la tradizione filosofica
    occidentale muove dall'esigenza di superare la morte e la filosofia si pone
    come una costante meditatio mortis, o, in termini platonici, una "melete
    thanatou", il pensiero filosofico e politico di Hannah Arendt trova nella
    nozione di nascita un potente motivo di ispirazione. "Ogni uomo costituisce
    un nuovo inizio in virtu' della sua nascita", sicche' gli uomini andrebbero
    definiti "non, al modo dei Greci, come 'mortali', bensi' come 'natali'"
    (33). E ancora: "ogni nuovo inizio e' per sua natura un miracolo" (34) e "il
    miracolo... e', in definitiva, il fatto della natalita'" (35). Con la
    nascita cioe' l'uomo fa la sua comparsa nel mondo delle apparenze, da'
    inizio alla sua vita, mette in moto il corso del suo destino, intrecciando
    la propria storia a quella di altri uomini che hanno fatto, nascendo, la
    loro comparsa nel mondo, un mondo preesistente alla loro nascita e che
    sopravvivera' alla loro morte. C'e' un solo modo, secondo la pensatrice, per
    gli uomini mortali di conseguire essi stessi l'immortalita', e cioe'
    produrre azioni e parole degne dell'eternita', tali da trovare spazio nel
    mondo dove tutto e' immortale. Se per l'eta' eroica la funzione immortalante
    era adempiuta dal canto aedico, nell'eta' classica l'invenzione della
    categoria del politico operata dalla polis ha reso possibile quella
    "organizzazione della memoria" in grado di garantire la proiezione delle
    gesta individuali nel circuito immortalante della storia (36). Per questo
    l'agire politico, di cui l'uomo moderno e' stato espropriato, e' posto da
    Hannah Arendt ai vertici della gerarchia della vita activa. Proprio questa
    capacita' di agire politicamente, scegliendo quindi la gloria immortale,
    distingue gli uomini migliori da tutti gli altri, che non sono uomini ma
    bestie, come sentenzia un frammento di Eraclito (37) citato a questo
    riguardo (38).
    *
    Se la nascita costituisce l'indispensabile inizio, d'altra parte ogni azione
    che l'uomo intraprende e', come la nascita, un inizio che "assomiglia a un
    miracolo" (39), in quanto mette in moto un inarrestabile processo,
    illimitato e imprevedibile, ma con la straordinaria capacita' di rivelare
    l'identita' dell'agente, nel senso che, come la nascita, l'azione rivela
    "chi" qualcuno e'. Si tratta di una rivelazione difficile e insicura,
    paragonabile alla impossibilita' filosofica di definire l'uomo, proprio
    perche' avviene attraverso la mediazione di azioni e parole, compiute e
    dette dall'agente, e per di piu' riguardo all'intangibile sfera degli affari
    e degli interessi umani.
    Per rappresentare tale difficolta' di manifestazione dell'identita' la
    pensatrice si serve ancora una volta del famoso frammento eracliteo sul dio
    di Delfi, utilizzato in questo caso in tutt'altro contesto e significato:
    "Il fatto e' che il rivelarsi del 'chi' e' simile alla rivelazioni
    notoriamente infide degli antichi oracoli che, secondo Eraclito, 'non
    rivelano ne' nascondono con le parole ma danno segni manifesti'" (40). Se ne
    La vita della mente la citazione serviva a rendere conto dell'ambiguita' del
    logos, cioe' il pensiero che ha trasformato in parola l'originario stupore
    ammirato del filosofo, qui l'ambiguita' e' data dall'identita' individuale
    che ne' si mostra apertamente ne' si nasconde nelle azioni e nelle parole
    dell'agente.
    Se l'azione come la nascita e' un inizio, che consente l'intersecarsi tra il
    movimento rettilineo della vita umana e il moto ciclico del mondo, l'intera
    cultura occidentale muove da un altro inizio, rispetto al quale ancora le
    parole di Eraclito fanno risuonare un'eco lontana. "La guerra e' padre di
    tutte le cose" dice un altro famoso frammento (41), in cui il senso della
    "nascita", del venire all'essere delle cose e' significativamente espresso
    dal termine pater, il genitore cui la nascita si deve; allo stesso modo, una
    guerra e' posta all'inizio della nostra storia, la guerra di Troia. Di essa,
    in lucidissime e affascinanti pagine (42), Hannah Arendt mostra il carattere
    di origine dal quale sono scaturiti i tratti fondamentali di un'intera
    cultura: innanzi tutto, poiche' i guerrieri omerici sono gli ideali
    fondatori della polis classica, in quanto essi per primi hanno costituito
    quello spazio pubblico indispensabile per l'agire politico e si sono resi
    artefici di "belle azioni e bei discorsi", allora la guerra di Troia puo' co
    nsiderarsi l'inizio, l'atto di fondazione della stessa categoria del
    politico. Cio' appare un paradosso, se si pensa che polemos e polis sono tra
    loro inconciliabili, poiche' il politico esclude da se' la violenza. Eppure
    nella visione arendtiana la guerra di Troia e' stata "padre" anche del
    politico poiche' da essa la violenza e' eliminata, grazie alla capacita' del
    poeta di cantare in modo imparziale le imprese dei Greci e quelle dei
    Troiani (43). Da cio' e' derivato un altro tratto caratteristico della
    cultura occidentale, cioe' la capacita' di considerare ogni aspetto della
    realta' non soltanto in se' ma anche dal suo contrario: come il Polemos
    eracliteo, opponendo gli opposti, riesce poi ad armonizzarli pervenendo
    all'ordine compiuto del kosmos, cosi' il pensiero occidentale, muovendo
    dallo scontro delle posizioni, si dispone in una prospettiva pluralistica
    dalla quale avere una visione compiuta della realta' (44).
    *
    Dunque Eraclito, in Hannah Arendt, per parlare della nascita, in quel
    duplice senso di principium e initium di cui parlava S. Agostino, dal quale
    la pensatrice ha preso le mosse nei suoi studi filosofici (45): se nella
    visione agostiniana principium e' l'atto della creazione divina, initium e'
    la creazione dell'uomo nella sua individualita' unica e irripetibile (46).
    Questo initium, questo evento mirabile col quale un nuovo essere fa la sua
    comparsa, atto fondatore dell'agire e in quanto tale costitutivo della
    categoria del politico, segna appunto la venuta a quel "mondo", che precede
    e segue l'apparire di ogni singolo uomo (47). Questo "mondo" arendtiano mi
    pare proiettarsi e trovare un nome proprio nella physis eraclitea: nel
    pensiero di Hannah Arendt non si oppongono cioe' la mortalita' degli uomini
    e l'immortalita' del "creato", ma la nascita degli uomini mortali e il
    "venire all'essere" increato ed eterno della physis. Si tratta di una physis
    per cosi' dire laicizzata, ben diversa dalla concezione "metafisica",
    presente, mi pare, in tutte le altre interpretazioni, poiche' non e' ne'
    "essenza" o "reale costituzione delle cose", ne' "processo
    essenzializzante", ne' "nascimento in quanto natura trascendente".
    Altrettanto lontana mi sembra la sua lettura eraclitea della physis dalla
    visione dichiaratamente metafisica del suo maestro M. Heidegger, per il
    quale nel frammento dell'Efesio si dovrebbe scorgere l'atteggiamento proprio
    dell'essere, che sorgendo, manifestandosi nell'ente, si nasconde (48). Ma
    Hannah Arendt, che non si riteneva una filosofa ma anzi si sentiva estranea
    alla cerchia dei filosofi (49), volle "smantellare" qualunque metafisica,
    affermando che Essere e Apparire coincidono (50), nel senso che "essere"
    altro non e' se non "essere-nel-mondo" attraverso l'apparenza (51): per lei,
    questa physis eraclitea, che mi pare possa rappresentare l'unica meta-fisica
    rintracciabile nel suo pensiero, e' anche uno strumento per ripensare,
    proprio a partire dalla categoria della nascita, al rapporto tra l'uomo e il
    mondo, recuperandone l'eticita' (52).
    *
    Note
    1. Una bibliografia aggiornata degli scritti di e su H. Arendt e' curata da
    S. Forti in appendice alla monografia Vita della mente e tempo della polis.
    Hannah Arendt tra filosofia e politica, Milano 1996 (II ed.).
    2. H. Arendt, La vita della mente, trad. it. Bologna 1987 (New York-London
    1978),
    pp. 217-242.
    3. Plat., Theaet., 155d.
    4. La vita della mente cit., p. 233.
    5. Sullo scarto tra "physis", il latino "natura" e l'italiano "natura" vd.
    le osservazioni di P. Loraux, L'invenzione della natura, in I Greci. Storia
    cultura arte societa' (a cura di S. Settis), I, Noi e i Greci, Torino 1996,
    pp. 319-342, che segue il percorso del concetto di physis dal famoso fr. B 1
    DK di Anassimandro alla teorizzazione aristotelica.
    6. "Stuff" di J. Burnet, Early Greek Philosophy, London 1930 (IV ed.), pp.
    363 sg., sarebbe insostenibile, dal momento che physis tende si' ad
    implicare nei presocratici la sostanza materiale ma solo a causa di una
    generale tendenza a descrivere l'essenza di una cosa attraverso la sua
    materia; "die Natur" di Diels cui Kranz ha aggiunto tra parentesi "das
    Wesen", nei loro Die Fragmente der Vorsokratiker, Berlin 19516, I, p. 178,
    sono altrettanto sbagliate in quanto rinviano la prima all'intero
    agglomerato delle cose, la seconda ad un principio trascendente, valenze
    entrambe posteriori ad Eraclito: da osservare che nel Wortindex, in cui
    physis viene distinto nei valori di Natur, natura creatrix e Wesen, rerum
    natura, il fr. 123 di Eraclito e' compreso nella seconda rubrica. Sulla
    stessa linea interpretativa di Kranz mi sembra la traduzione "Das Wese der
    Dinge versteckt sich gern" di B. Snell, Heraklit. Fragmente, Tuebingen 1965,
    p. 37.
    7. Si tratta dei frr. 1 DK (...), 112 (...), e 106 (...).
    8. Frr. 31B 8 DK (v. 1: ...), 63 (...) e 110 (v. 5: ...).
    9. Frr. 28B 10 DK (v.1: ...) e 16 (v. 3: ...).
    10. Frr. 23B 2DK (v. 9: ...) e 4 (v. 6: ...).
    11. Heraclitus. The Cosmic Fragments, by G. S. Kirk, Cambridge 1962 (II
    ed.), pp. 227-231. L'interpretazione di Kirk viene riprodotta anche in G. S.
    Kirk - J. E. Raven - M. Schofield, The Presocratic Philosophers. A Critical
    History with a Selection of Texts, Cambridge 1983 (II ed.), pp. 192-193.
    12. Eraclito. Frammenti, a cura di M. Marcovich, Firenze 1978, pp. 23-25
    (fr. 8). La scelta del singolare "ciascuna cosa" lascia intendere che la
    physis non sia al di fuori della cosa stessa, come ancora lasciava intendere
    G. S. Kirk (Heraclitus cit., p. 231: "the hidden truth about things is that
    they are not separate from each other").
    13. Eraclito. I frammenti e le testimonianze, a cura di C. Diano e G. Serra,
    Vicenza 1980, fr. 28 con commento alle pp. 137-138.
    14. I presocratici. Frammenti e testimonianze, intr., trad. e note di A.
    Pasquinelli, Torino 1958, p. 188 (fr. 80).
    15. I presocratici. Testimonianze e frammenti, a cura di G. Giannantoni, I,
    Bari 1969, p. 220. Non riconducibile a questa linea mi sembra invece "La
    struttura naturale ama occultarsi", di A. Lami, I presocratici.
    Testimonianze e frammenti da Talete ad Empedocle, Milano 1991, p. 235.
    16. Ch. H. Kahn, The Art and Thought of Heraclitus. An edition of the
    fragments with translation and commentary, Cambridge 1979, p. 33, fr. X con
    commento relativo a p. 105.
    17. Heraclite. Fragments, par M. Conche, Paris 1986, pp. 253-255 (fr. 69);
    osserva giustamente che mancano nel frammento genitivi di specificazione,
    quali ad. es. "pragmaton" o "ekastou", che legittimerebbero
    l'interpretazione di Kirk e Marcovich.
    18. G. Colli, La sapienza greca. Eraclito, Milano 1980, p. 91, fr. A 92 con
    il commento a p. 187.
    19. G. Colli, La natura ama nascondersi. Physis kryptesthai philei, Milano
    1988 (1948), p. 209; la traduzione qui fornita e' "la natura trascendente
    ama nascondersi".
    20. Ibid.: "Come tale, il noumeno perde l'individualita', la determinatezza
    interiore che si sente isolata di fronte ad un reale che la circonda, perde
    la molteplicita', caratteri che l'accompagnano quando e' immerso come radice
    nell'apparenza, e si approfondisce come intimita' oggettiva, punto di
    incontro delle individualita' essenziali, delimitazione concreta e vitale
    che non ha piu' fine, ne' direzione, ne' impulso, ne' espansione".
    21. Eraclito. Dell'Origine, a cura di A. Tonelli, Milano 1993, p. 191 (fr.
    116).
    22. La vita della mente cit., p. 233 (cors. mio). Nell'edizione originale
    The Life of the Mind, New York-London 1978, p. 143, le parole dell'autrice
    sono: "Another early word for the invisible in the midst of the appearances
    is physis, nature, which according to the Greeks was the totality of all
    things that were not man-made and not created by a divine maker but that had
    come into being by themselves".
    23. Cf. P. Chantraine, Dictionnaire etymologique de la langue grecque.
    Histoire des mots, IV, Paris 1977, s.v. "phyomai" l'etimologia riposa su una
    radice *bhu, "pousser, croitre, se developper".
    24. E. Benveniste, Noms d'agents et noms d'action en indo-europeen, Paris
    1948, p. 80.
    25. Ibid. pp. 78-79.
    26. Fr. 22B 93 DK: (...).
    27. Fr. 22B 107 DK: (...).
    28. Fr. 22B 32 DK: (...).
    29. Fr. 22B 108 DK: (...). Il frammento e' citato anche a p. 153 de La vita
    della mente, ed e' li' tradotto "La mente (sophon) e' separata da tutte le
    cose", separatezza questa, tra la mente e gli oggetti sensibili,
    indispensabile per l'attivita' di pensiero in quanto ritrarsi dal mondo.
    30. Fr. 22B 30 DK: (...).
    31. Il concetto di storia, in Tra passato e futuro, trad. it. Milano 1991
    (New York 1954), pp. 70-129, in particolare pp. 70-71, e p. 295, n. 2.
    32. Ibid. p. 71. Lo stesso concetto e' espresso in Vita activa. La
    condizione umana, trad. it. Milano 1964 (Chicago 1958), p. 15: "Questa vita
    individuale si distingue da tutte le altre cose per il corso rettilineo del
    suo movimento, che, per cosi' dire, taglia quello circolare della vita
    biologica. La mortalita' e' questo: muoversi lungo una linea retta in un
    universo dove ogni cosa dotata di movimento si muove in un ordine ciclico".
    33. La vita della mente cit., p. 430.
    34. Che cos'e' la politica?, trad. it. Milano 1995 (Muenchen 1993), p. 25;
    si tratta di un volume postumo che raccoglie diverse carte inedite.
    35. Vita activa cit., p. 182.
    36. Ibid., p. 145.
    37. Fr. 22B 29 DK: (...).
    38. Vita activa cit., p. 16. In altri casi il richiamo a questo frammento
    assume un tono polemico, in quanto serve alla pensatrice, per la quale
    pensiero e azione sono in un rapporto di costante circolarita', a prendere
    le distanze dall'atteggiamento di aristocrazia intellettuale dei filosofi
    che distinguono "i pochi" da "i piu'": La vita della mente cit., p. 165,
    dove e' citato anche il fr. 104 DK ("... oi polloi kakoi, oligoi de'
    agathoi"); Che cos'e' la politica cit., p. 41 (cf. p. 153, dove Eraclito e
    Parmenide vengono definiti "despoti dello spirito").
    39. Vita activa cit., p. 182.
    40. Ibid., p. 132.
    41. Fr. 22B 53 DK: (...).
    42. Che cos'e' la politica cit., pp. 71-85; il fr. eracliteo viene citato
    alle pp. 74 e 82.
    43. Mi sono occupata della presenza di Omero nella riflessione arendtiana in
    L'Omero di Hannah Arendt, di prossima pubblicazione.
    44. Ibid. p. 82. Nelle pagine successive, nelle quali e' posta la differenza
    tra il concetto di legge in Grecia e a Roma, ancora Eraclito serve a dare
    voce al modo squisitamente greco di intendere la originaria natura della
    legge. "La legge, nel senso greco, non e' ne' intesa ne' contratto, non
    nasce affatto dalla discussione e dalle contrastanti azioni degli uomini,
    dunque non rientra propriamente nella sfera politica ma e' essenzialmente
    pensata da un legislatore, e deve sussistere prima che possa darsi una
    dimensione propriamente politica. In quanto tale e' prepolitica, ma nel
    senso che e' costitutiva di ogni ulteriore agire politico e di ogni
    relazione politica. Come le mura della citta', alle quali Eraclito paragona
    la legge, devono prima essere costruite affinche' possa esistere una citta'
    identificabile nella sua forma e nelle sue demarcazioni, cosi' la legge
    determina la vera fisionomia dei suoi abitanti, che li distingue e discerne
    da tutte le altre citta' e dai loro abitanti. La legge e' il terrapieno
    eretto e fabbricato da un uomo, all'interno del quale viene a crearsi lo
    spazio propriamente politico in cui i molti si muovono in liberta'" (p. 87).
    Il riferimento e' al fr. 44 DK: (...). La stessa citazione e' anche in Vita
    activa cit., p. 47.
    45. Il concetto d'amore in Agostino. Saggio di interpretazione filosofica,
    trad. it. Milano 1992 (Berlin 1929) e' la sua tesi di laurea. Su S. Agostino
    si vedano anche le pp. 401-430 de La vita della mente cit.
    46. August., De Civit. Dei XII, 21: "Initium... ut esset, creatus est homo",
    citato dalla pensatrice in Le origini del totalitarismo, trad. it. Milano
    1989 II ed. (New York 1966, III ed.), p. 656: "L'inizio, prima di diventare
    avvenimento storico, e' la suprema capacita' dell'uomo; politicamente si
    identifica con la liberta' umana... Questo inizio e' garantito da ogni nuova
    nascita; e' in verita' ogni uomo". Ancora sul rapporto tra principio e
    inizio, che consente alle vicende umane di proiettarsi in un orizzonte
    assoluto, l'autrice insiste in Sulla rivoluzione, trad. it. Milano 1983 (New
    York 1965), in part. p. 245.
    47. Sulle implicazioni che la concezione arendtiana dell'origine, e quindi
    della nascita, ha per l'ontologia e la costituzione della storia vd. R.
    Esposito, L'origine della politica. Hannah Arendt o Simone Weil?, Roma 1996.
    Sulla categoria della nascita in Hannah Arendt vd. inoltre A. Cavarero, Dire
    la nascita, in Diotima, Mettere al mondo il mondo, Milano 1990, pp. 93-121.
    48. M. Heidegger, Eraclito. L'inizio del pensiero occidentale. Logica. La
    dottrina eraclitea del Logos, trad. it. Milano 1993 (Frankfurt am Main
    1979), pp. 74-119; il filosofo traduce il frammento "Il sorgere dona il
    favore al nascondersi". Fortemente influenzato dal pensiero heideggeriano lo
    studio di A. Renaut, "La nature aime se cacher", in "Revue de Metaphysique
    et de Morale", 81, 1976, pp. 62-111.
    49. Vd. l'intervista rilasciata a G. Gaus nel 1964 e pubblicata col titolo
    Che cosa resta? Resta la lingua materna. Conversazione di Hannah Arendt con
    Guenther Gaus, in "Aut-aut", 239-240, 1990, pp. 11-30, in particolare p. 11:
    "Io non appartengo alla cerchia dei filosofi... Non mi sento in alcun modo
    una filosofa... Ritengo di avere preso congedo definitivamente dalla
    filosofia".
    50. La vita della mente cit., p. 99, in corsivo nel testo.
    51. Sul primato dell'apparenza vd. L. Boella, Hannah Arendt "fenomenologa".
    Smantellamento della metafisica e critica dell'ontologia, in "Aut-aut" cit.,
    pp. 83-110.
    52. Una lettura "ecologica" di Hannah Arendt e' stata condotta da L.
    Mortari, Abitare con saggezza la terra. Forme costitutive dell'educazione
    ecologica, Milano 1994, passim.

    2. ET COETERA
    Valeria Ando' (per contatti: andov at tele2.it), docente di Cultura greca
    all'Universita' di Palermo, e' tra le promotrici ed animatrici presso
    quell'ateneo di un gruppo di riflessione e di pratica di nonviolenza di
    genere; direttrice del Cisap (Centro interdipartimentale di ricerche sulle
    forme di produzione e di trasmissione del sapere nelle societa' antiche e
    moderne), autrice di molti saggi, ha tra l'altro curato l'edizione di
    Ippocrate, Natura della donna, Rizzoli, Milano 2000. Opere di Valeria Ando':
    (a cura di), Saperi bocciati. Riforma dell'istruzione, discipline e senso
    degli studi, Carocci, Roma 2002; con Andrea Cozzo (a cura di), Pensare
    all'antica. A chi servono i filosofi?, Carocci, Roma 2002; L'ape che tesse.
    Saperi femminili nella Grecia antica, Carocci, Roma 2005.
    Hannah Arendt e' nata ad Hannover da famiglia ebraica nel 1906, fu allieva
    di Husserl, Heidegger e Jaspers; l'ascesa del nazismo la costringe
    all'esilio, dapprima e' profuga in Francia, poi esule in America; e' tra le
    massime pensatrici politiche del Novecento; docente, scrittrice, intervenne
    ripetutamente sulle questioni di attualita' da un punto di vista
    rigorosamente libertario e in difesa dei diritti umani; mori' a New York nel
    1975. Opere di Hannah Arendt: tra i suoi lavori fondamentali (quasi tutti
    tradotti in italiano e spesso ristampati, per cui qui di seguito non diamo l
    'anno di pubblicazione dell'edizione italiana, ma solo l'anno dell'edizione
    originale) ci sono Le origini del totalitarismo (prima edizione 1951),
    Comunita', Milano; Vita Activa (1958), Bompiani, Milano; Rahel Varnhagen
    (1959), Il Saggiatore, Milano; Tra passato e futuro (1961), Garzanti,
    Milano; La banalita' del male. Eichmann a Gerusalemme (1963), Feltrinelli,
    Milano; Sulla rivoluzione (1963), Comunita', Milano; postumo e incompiuto e'
    apparso La vita della mente (1978), Il Mulino, Bologna. Una raccolta di
    brevi saggi di intervento politico e' Politica e menzogna, Sugarco, Milano,
    1985. Molto interessanti i carteggi con Karl Jaspers (Carteggio 1926-1969.
    Filosofia e politica, Feltrinelli, Milano 1989) e con Mary McCarthy (Tra
    amiche. La corrispondenza di Hannah Arendt e Mary McCarthy 1949-1975,
    Sellerio, Palermo 1999). Una recente raccolta di scritti vari e' Archivio
    Arendt. 1. 1930-1948, Feltrinelli, Milano 2001; Archivio Arendt 2.
    1950-1954, Feltrinelli, Milano 2003; cfr. anche la raccolta Responsabilita'
    e giudizio, Einaudi, Torino 2004. Opere su Hannah Arendt: fondamentale e' la
    biografia di Elisabeth Young-Bruehl, Hannah Arendt, Bollati Boringhieri,
    Torino 1994; tra gli studi critici: Laura Boella, Hannah Arendt,
    Feltrinelli, Milano 1995; Roberto Esposito, L'origine della politica: Hannah
    Arendt o Simone Weil?, Donzelli, Roma 1996; Paolo Flores d'Arcais, Hannah
    Arendt, Donzelli, Roma 1995; Simona Forti, Vita della mente e tempo della
    polis, Franco Angeli, Milano 1996; Simona Forti (a cura di), Hannah Arendt,
    Milano 1999; Augusto Illuminati, Esercizi politici: quattro sguardi su
    Hannah Arendt, Manifestolibri, Roma 1994; Friedrich G. Friedmann, Hannah
    Arendt, Giuntina, Firenze 2001. Per chi legge il tedesco due piacevoli
    monografie divulgative-introduttive (con ricco apparato iconografico) sono:
    Wolfgang Heuer, Hannah Arendt, Rowohlt, Reinbek bei Hamburg 1987, 1999;
    Ingeborg Gleichauf, Hannah Arendt, Dtv, Muenchen 2000.
    Tra le edizioni italiane piu' recenti e piu' facilmente accessibili dei
    testi del filosofo di Efeso fiorito tra il VI e il V secolo a. C. segnaliamo
    particolarmente l'edizione a cura di Miroslav Marcovich, Eraclito.
    Frammenti, La Nuova Italia, Firenze 1978; l'edizione a cura di Carlo Diano e
    Giuseppe Serra, Eraclito. I frammenti e le testimonianze, Fondazione Lorenzo
    Valla, Vicenza 1980, Mondadori, Milano 1993; l'edizione a cura di Giorgio
    Colli, La sapienza greca. III. Eraclito, Adelphi, Milano 1980, 1993 (e' il
    terzo volume de La sapienza greca, pubblicato postumo sulla base dei
    materiali approntati da Colli, cfr. l'avvertenza ivi alle pp. 13-16);
    l'edizione a cura di Angelo Tonelli, Eraclito. Dell'origine, Feltrinelli,
    Milano 1993.
    Come e' noto della monumentale edizione dei frammenti e delle testimonianze
    dei e sui pensatori cosiddetti presocratici di Hermann Diels e Walter Kranz
    esiste una traduzione integrale italiana in due tomi a cura di Gabriele
    Giannantoni, I presocratici. Testimonianze e frammenti, Laterza, Roma-Bari
    1969, 1993 (Eraclito e' alle pp. 179-221 del tomo primo, nella traduzione di
    Giannantoni). Si veda anche l'edizione (selettiva e senza testo originale a
    fronte) tradotta e annotata da Angelo Pasquinelli, I presocratici. Frammenti
    e testimonianze, Einaudi, Torino 1958, 1983 (Eraclito e' alle pp. 155-195
    per le testimonianze e i frammenti, e alle pp. 362-382 per il commento). Si
    veda infine l'edizione (anch'essa selettiva, ma con testo a fronte) a cura
    di Alessandro Lami, I presocratici. Testimonianze e frammenti da Talete a
    Empedocle, Rizzoli, Milano 1991 (ivi Eraclito e' alle pp. 199-236).

    ==============================
    VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
    ==============================
    Supplemento settimanale del martedi' de "La nonviolenza e' in cammino"
    Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
    Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
    Numero 12 del 7 marzo 2006

    Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su:
    nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe

    Per non riceverlo piu':
    nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe

    In alternativa e' possibile andare sulla pagina web
    http://web.peacelink.it/mailing_admin.html
    quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su
    "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).

    L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196
    ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing
    list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica
    alla pagina web:
    http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html

    Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004
    possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web:
    http://lists.peacelink.it/nonviolenza/maillist.html

    L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la
    redazione e': nbawac at tin.it
     
    .
  2. gpdimonderose
     
    .

    User deleted


    :blink: :wub: eventus physis

    File Allegato
    COVER_PLESCIA.pdf
    (Number of downloads: 18)

     
    .
1 replies since 8/3/2006, 14:38   833 views
  Share  
.